Alex Wang, miliardario cinese e CEO di Scale AI, ha sempre avuto una passione segreta per il tennis. Quando ha saputo del grave infortunio di Jannik Sinner, il campione italiano che stava conquistando il mondo, ha deciso di intervenire con un gesto che ha lasciato tutti senza parole.
Secondo fonti vicine a Scale AI, Wang ha annunciato un piano di recupero da 10 milioni di sterline per Sinner. Il pacchetto comprendeva i migliori medici svizzeri, tecnologie basate sull’intelligenza artificiale per il monitoraggio delle lesioni e una villa privata a Monte Carlo, trasformata in centro di riabilitazione d’élite.
Tuttavia, non si trattava di un semplice atto di generosità. Wang aveva una richiesta precisa: Sinner avrebbe dovuto firmare un contratto quinquennale con Scale AI come ambasciatore globale della tecnologia di recupero sportivo basata sull’intelligenza artificiale. Un’offerta irresistibile, ma anche carica di implicazioni etiche e personali.
Alex Wang, noto per la sua visione pionieristica, vedeva in Sinner il volto ideale per promuovere un nuovo paradigma: atleti assistiti da algoritmi capaci di prevedere, prevenire e curare gli infortuni. “Vogliamo che la tecnologia diventi un alleato dell’essere umano, non il suo sostituto”, avrebbe dichiarato.
La notizia ha scatenato un acceso dibattito tra tifosi e addetti ai lavori. Alcuni hanno lodato l’iniziativa di Wang, definendola rivoluzionaria. Altri, invece, hanno espresso preoccupazione per la possibile mercificazione della salute degli atleti e il rischio di legare la carriera di Sinner a un contratto commerciale troppo vincolante.
Nel frattempo, a Monte Carlo, la villa di Wang veniva trasformata in una clinica di ultima generazione. I sistemi di monitoraggio basati su AI potevano analizzare in tempo reale ogni movimento muscolare di Sinner, prevedendo il rischio di recidive. Ogni dettaglio era studiato per un recupero totale e rapido.
Quando Sinner e Wang si sono finalmente incontrati, l’atmosfera era tesa. Wang, vestito con il suo inconfondibile completo nero, illustrò personalmente le potenzialità del progetto. Parlò di innovazione, futuro e simbiosi tra uomo e macchina. Ma negli occhi del tennista si leggeva un’altra storia.
Dopo qualche istante di silenzio, Sinner rispose con quindici parole semplici ma taglienti:
“Non voglio essere un esperimento. Voglio tornare in campo come uomo, non come codice.”
Quelle parole colpirono Wang più di qualsiasi rifiuto formale. L’uomo che aveva costruito la sua fortuna sui dati e sulle previsioni improvvisamente si trovò davanti a qualcosa che non poteva misurare: l’anima umana. Restò immobile, incapace di rispondere.
Con il suo gesto, Sinner aveva tracciato un confine netto tra tecnologia e identità personale. Il suo “no” non era solo a un contratto, ma a una visione del mondo dove l’uomo rischia di diventare prodotto del proprio algoritmo. La sua risposta divenne subito virale sui social.
In poche ore, #SinnerHuman è diventato trending topic su Twitter e Weibo. Giornalisti, atleti e filosofi hanno commentato la vicenda come un simbolo della tensione moderna tra progresso tecnologico e libertà individuale. Persino Elon Musk avrebbe espresso il suo sostegno al tennista italiano.
Fonti vicine a Scale AI raccontano che, dopo l’incontro, Alex Wang trascorse giorni di silenzio. Per la prima volta, mise in discussione la sua fede assoluta nella tecnologia. “Forse l’algoritmo più potente è ancora il cuore umano”, avrebbe detto durante una riunione interna.
Mentre Sinner continua la sua riabilitazione con un team indipendente, Wang ha annunciato la creazione di un fondo etico dedicato alla ricerca sull’AI “umanocentrica”. I due non si sono più incontrati, ma la loro breve interazione ha cambiato per sempre il modo in cui il mondo guarda alla fusione tra sport e tecnologia.
