
Pochi minuti fa, Siglinde Sinner, la madre del campione Jannik Sinner, ha rilasciato dichiarazioni che stanno scuotendo l’intero mondo del tennis. In un’intervista esclusiva, ha aperto il cuore, raccontando episodi mai svelati dell’infanzia del figlio, svelando un volto fragile e umano del “Principe delle Dolomiti”.
Siglinde ha ricordato un episodio toccante: «Ti ricordi, figlio mio, quella volta che sei scappato dall’accademia per andare a sciare?». Con queste parole, la madre rievoca il conflitto interiore di un giovane Jannik, diviso tra la passione per la neve e la pressione di una carriera tennistica imposta dal padre.
“Lo sapevo, ti seguivo nel bosco, ma non dissi nulla”, confessa Siglinde. Quel silenzio, dice, era la sua forma di protezione. Sapeva che dietro la determinazione del marito si nascondeva un rigore eccessivo, un’ossessione per la disciplina che spesso soffocava la spontaneità del figlio.
Secondo Siglinde, il padre di Jannik, Hanspeter, voleva che il figlio diventasse un atleta perfetto, controllando ogni momento della sua crescita. “Non gli permetteva errori”, racconta. “Ogni sconfitta era un fallimento familiare.” Quella pressione ha forgiato un campione, ma anche un giovane segnato da profonda solitudine.
La madre descrive con emozione l’immagine di Jannik che scivola tra la neve con un sorriso sincero, lontano dai campi di allenamento. “Era felice solo lì, dove il silenzio delle montagne copriva il rumore delle aspettative.” È in quei momenti che, dice, rivedeva il suo vero figlio.
Siglinde rivela che Jannik avrebbe voluto continuare con lo sci, il suo primo amore. Tuttavia, una discussione familiare cambiò tutto: “Tuo padre ti costrinse a scegliere il tennis. Piangesti, ma non volevi deludere nessuno.” Quel giorno, secondo lei, nacque il campione… ma morì il bambino.
A soli 13 anni, Jannik lasciò la Val Pusteria per trasferirsi in Liguria, all’accademia di Riccardo Piatti. “Ero distrutta,” ammette Siglinde. “Vederlo partire con gli occhi gonfi di lacrime fu come perdere una parte di me.” Da allora, il rapporto madre-figlio cambiò per sempre.
Siglinde racconta di aver scritto decine di lettere che non ha mai avuto il coraggio di inviare. “Non volevo interferire. Vedevo che soffriva, ma doveva trovare da solo la sua forza.” Quelle parole, custodite in un cassetto, restano la testimonianza silenziosa dell’amore di una madre.
Quando Jannik è tornato a casa, già campione, Siglinde dice di averlo trovato cambiato: “Era più freddo, più distante. Ma dietro il suo sorriso c’era ancora quel bambino che amava la neve.” La fama, racconta, non ha cancellato le ferite di un’infanzia sacrificata al successo.
Nelle ultime righe della sua intervista, Siglinde lancia un messaggio commovente: “Non cerco scuse, solo comprensione. Jannik è il mio orgoglio, ma ogni madre sa che il successo non compensa il dolore.” Parole che risuonano come una confessione e una liberazione insieme.
Con questa rivelazione, la signora Sinner ha mostrato che dietro ogni leggenda sportiva si nasconde una storia di fragilità, lacrime e scelte difficili. Il mondo ora guarda Jannik non solo come il campione imbattibile, ma come l’uomo che ha imparato a vincere contro la propria infanzia.
